Vivere giorno per giorno, è qualcosa che tutti facciamo, da quando prendiamo coscienza di noi stessi, sino alla morte, o a quel brutto periodo, a chi capita, di perdere la coscienza di noi stessi, per qualche malattia neuro degenerativa.
Chiaramente, crescendo, aumentano le nostre esperienze,
e la vita si fa più ricca di stimoli, propositi, curiosità, voglia di scoprire, voglia di fare. Seppur affetti da sindrome dolorosa, l’elenco appena fatto non viene azzerato o modificato: nella volontà di un sofferente perenne la voglia di fare tutte quelle cose resta, anzi per certi versi, aumenta, scontrandosi, però, con la nostra situazione: Troppe volte ho avuto voglia di:
- trovare un nuovo lavoro che non debba praticare da chiuso in casa;
- andare a fare una camminata in montagna;
- riprendere a insegnare, e praticare, arti marziali;
- poter girare per la città facendo delle belle foto con la mia Canon;
- poter decidere all’improvviso di chiamare degli amici ed andare a magiare fuori la sera in compagnia;
- offrirmi come volontario in qualche associazione di beneficienza;
- portare a lezione il cane, invece di dover lasciare il compito al mio compagno;
e tante altre cose che vorrei fare. Tutte queste voglie, però, si scontrano con la realtà cruda della mia situazione: se cammino, per più di 100/150 metri, i dolori alle gambe iniziano ad intensificarsi, ed in breve tempo mi trovo costretto a letto, patendo dolori atroci, fintantoché il farmaco da prendere al bisogno non faccia effetto. Tempo proporzionalmente lungo al quanto ho ignorato il rischio che stavo correndo facendo una di queste attività.
La stessa cosa vale per molti miei colleghi di dolore. Avremmo voglia di fare tante cose, mettere a frutto le nostre esperienze, per noi stessi, ma anche per altri, ma la cosa non è spesso fattibile, perché c’è sempre quel maledetto dolore che regola la nostra vita.
E fin qui ho parlato solo del dolore
causato da una mia azione volutamente eseguita. Ci sono poi, che sono i casi più frequenti, i momenti in cui i dolori si impennano senza un apparente motivo: che sia per un repentino cambiamento del tempo, o semplicemente perché facendo la doccia si è rimasti quel minuto in più sotto l’acqua.
Sebbene il tipo di dolore sia lo stesso, noi consideriamo i due tipi, quello da attività svolta sapendo che avremmo poi incorso in un aumento del dolore, rispetto a quello da azioni quotidiane inevitabili, come farsi una doccia, ben diversi; perché il primo tipo potremmo evitarlo: basterebbe starsene a casa e non andare incontro, a quelle attività che sappiamo bene poi ci costeranno un’assunzione aggiuntiva di farmaci, perché il dolore aumenterà; ma per il secondo tipo, lo viviamo ancora peggio: farsi una doccia, non è una voglia di attività produttiva che possiamo, o non possiamo, fare: va fatta!! E va fatta con la consapevolezze di cosa ci toccherà dopo, e non possiamo evitarlo, in termini di dolore!!
Come sopravvivere, alla fine,
a questo gioco al massacro, del centellinare le attività da fare, in base al dolore che provocherà? Nel primo periodo scoprendo: scoprendo cosa ci genererà dolore e cosa no. Ho trovato utile il consiglio del terapista del dolore, di tenere un diario, in un primo periodo, segnandomi quando avevo impennate di dolore ed, al contempo, registrando cosa avesse potuto provocarlo. Chiaramente questo diario serviva solo alle attività non essenziali. Quelle essenziali, credevo almeno allora, non aveva senso registrarle: erano essenziali ed andavano fatte, dolore o meno, punto.
In realtà non era così: anche per le attività essenziali, era cosa buona sapere cosa avrebbe fatto innalzare il livello di dolore: sapendolo prima si può ridurre cosa patire, prendendo prima, dell’attività essenziale da svolgere, il farmaco giusto, così da ridurre al minimo il dolore patito alla fine. Ok non lo si potrà evitare del tutto, ma almeno si può tentare di gestirlo.
Seconda cosa da fare:
trovarsi degli hobby che si possano svolgere senza che questi inneschino innalzamenti del dolore. Ovvio non potranno essere gli hobby che avevano prima di ammalarci. Ma ci sono tante cose che si possono fare. Per esempio, queste sono alcune delle cose che ho iniziato a fare, come nuove attività:
- leggere: mi sono preso un ebook reader così da poter leggere in qualsiasi condizione di luce e da qualunque posizione, come dal letto, senza stancarmi per il peso del volume;
- scrivere: ho riavviato diversi blog, come questo, e dato via ad un sogno del passato scrivendo un romanzo, ed al momento ne ho un altro in produzione, sebbene fermo perché in inverno, usare la tastiera diventa molto più complicato per me, in quanto oltre al motivo principale di dolore, ho pure una bella artrite, per cui le dita, in inverno, soffrono molto;
- essendo da sempre nel settore informatico, ho cominciato a studiare nuovi linguaggi di programmazione, creare alcuni programmi, anche se molti solo per uso esclusivamente personale;
- quando ho le mani funzionanti, riprendo a sferruzzare, esatto: lana ed uncinetto, nel mio caso, ma nessuno vi impedisce di usare i ferri da maglia 🙂
- se avete le abilità necessarie e/o le conoscenze giuste, anche imparare a tagliare e cucire potrebbe essere un ottimo hobby, che tra l’altro potrebbe ingenerare dei guadagni, che male non fanno mai;
- per chi ha fortuna di esserci portato, anche il disegno e/o la pittura sono grandi amici possibili.
Insomma le cose che si possono fare,
senza dover impegnare in modo fisico, la parte dolorante del nostro corpo, sono tante. Bisogna solo avere la costanza di continuare a sperimentare, e capire cosa, davvero, ci da un senso di soddisfazione, che ci aiuti, anche, a tenere a bada un’altro nostro grande nemico: la depressione.
Già, la depressione: altra grande costante nella vita di una persona afflitta da dolore costante. Non per nulla, in qualsiasi terapia impostata da un terapista del dolore, è sempre presente un antidepressivo. A volte è sufficiente, altre volte, no, ed in quel caso consiglio vivamente di non farsi troppe paranoie mentali e di trovarsi, quanto prima, un buon psicologo o psicoanalista, dipende dalla vostra idea o esperienza di vissuto di depressione.
Spero non mi domanderete
che c’entri la depressione con la nostra situazione di doloranti perenni vero? Si? Ok farò finta di ignorare l’indelicatezza nell’aver pensato che non servisse, e ve lo spiego subito: la depressione è un compagno fedele —brutta definizione, ma realistica— della vita di una persona a cui sono state tagliate molte possibilità di vita ordinaria, per la propria patologia. Il non poter fare quello che ci piacerebbe, il non poter far capire, agli altri, cosa stiamo passando, sono le cause principali della depressione, nel nostro caso. Per quanto una persona possa essere forte d’animo, il nostro sistema nervoso, alla lunga, tende a pagare il prezzo di una vita limitata, dalla nostra condizione.
Per quello i terapisti del dolore inseriscono immediatamente, nell’elenco dei nostri farmaci, un antidepressivo, ed al contempo consigliano, vivamente, di trovarsi un buon analista che ci possa aiutare: che sia uno psicologo o uno psicoterapeuta sarà una nostra scelta. Di norma, nei reparti di terapia del dolore, sono presenti anche psicologi specializzati ad aiutare chi è sotto terapia, per questo tipo di situazioni, quindi con grande esperienza nell’accompagnare chi è nelle nostre condizioni, nell’affrontare la terapia, ma sopratutto un nuovo corso della propria vita, determinato dalla malattia stessa.
Molte persone, che ci stanno intorno,
non riescono a capire questa nostra necessità di un supporto psicologico, io che la vivo si: per un periodo mi domandavo a che mi servisse assumere antidepressivi se non mi sentivo depresso, premettendo che anni prima ho sofferto di depressione per altri motivi, per cui ne conosco bene la sintomatologia e, stupidamente, ho deciso di sospende l’assunzione di quello specifico farmaco, senza parlarne con il mio terapista. Ho abbassato la dose in modo progressivo, perché sapevo dall’esperienza precedente, che quel genere di farmaci non può essere sospeso, di punto in bianco, senza gravi conseguenze.
Passate due settimane dalla sospensione
ho capito perché, il terapista, avesse incluso quel tipo di medicinale nella mia terapia antidolore: si sono presentati, in maniera progressiva, tutti i sintomi classici della depressione:
- apatia;
- giornate intere passate, a letto, guardando il soffitto;
- disturbi del sonno;
- reazioni esagerate a qualsiasi difficoltà che si presentasse, per qualsivoglia motivo;
- pensieri, sempre più frequenti, di farla finita una volta per tutta di soffrire, magari proprio usando quei farmaci che mi alleviavano il dolore.
Riconoscendo i sintomi ho ripreso immediatamente ad assumere l’antidepressivo ed ho visto, per qualche seduta, la mia psicologa, per aiutarmi e venirne fuori. Chiaramente alla psicologa dovetti spiegare il perché dell’impennata dei sintomi da depressione, e di conseguenza ho preso il mio bel carico di rimproveri e minaccia di mettermi in terapia forzata. Al mio terapista del dolore non l’ho mai detto, per paura che mi inquadrasse come paziente non affidabile e mi costringesse a trovarmi un altro medico.
Resta il fatto che la depressione ha una forte presenza nei casi come i nostri, e pensandoci un attimo, non è nemmeno difficile capirne il perché!!
Ecco questo è una, molto compressa,
descrizione di come viviamo, noi, la vita quotidiana. Dei limiti che dobbiamo imporci, dei limiti che dobbiamo vivere. Ci son altri aspetti che andranno analizzati per darvi un’idea più completa del tipo di vita che facciamo. Ci son da scandagliare ancora aree come la vita sociale, i rapporti affettivi, il sesso, la possibilità di essere o meno indipendenti ossia, per esempio, riuscire a mantenere o meno la patente di guida, per potersi spostare senza doversi appoggiare ad altri anche per brevi tragitti.
Insomma sono tanti i settori della vita che la nostra patologia coinvolge: la quotidianità del vissuto, di cui ho parlato oggi, è solo una delle varie sfaccettature. Con calma parleremo anche del resto.
A presto.
J.C.
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Non voglio commentare,sulle tue analisi, e quello che hai vissuto e vivi giorno per giorno, volevo solo pubblicare un mio pensiero, ti conosco da …sempre, ti ho visto combattere e ruggire fiero e forte come un leone, nelle avversità più dure che la vita ha riservato a te e non solo, contro tutto e tutti , quando la situazione ingiusta si è presentata.
Bene caro amico mio , il dolore , ti avrà reso la vita più difficile , ma in fondo continuo a vedere quella persona che combatte ,e non si arrende…
Da sempre fiero di essere tuo amico..
1/2 di b.go Venezia..
ciao.
Ciao Andrea, come rispondere a questo tuo commento… va tutto da sé, nel senso che ci conosciamo da così tanto tempo, che sappiamo entrambi cosa pensa l’altro, prima ancora che si sia espresso.
Grazie comunque della testimonianza qui sul blog.
JC
P.S. mi hai fatto partire bene la giornata rammentandomi il ½ borgo venezia ah ah ah ah